Se fossi andato in pensione a settantadue anni, avrei avuto davanti i miei ultimi cinque mesi di lavoro. Il che corrispondeva a ventidue settimane e voleva dire che, se tutti i pazienti si fossero presentati, mi restavano esattamente ottocento incontri
L’ora di Agathe
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Questi calcoli matematici freddi e cinici scandiscono i giorni del Protagonista, un anziano Psicoterapeuta nella Parigi degli anni ‘40, che prenderà coscienza del suo male di vivere grazie ad Agathe, che 𝚑𝚊 𝚙𝚎𝚛𝚍𝚞𝚝𝚘 𝚕𝚊 𝚟𝚘𝚐𝚕𝚒𝚊 𝚍𝚒 𝚟𝚒𝚟𝚎𝚛𝚎 𝚎 𝚗𝚘𝚗 𝚗𝚞𝚝𝚛𝚎 𝚙𝚒ù 𝚊𝚕𝚌𝚞𝚗𝚊 𝚒𝚕𝚕𝚞𝚜𝚒𝚘𝚗𝚎 𝚍𝚒 𝚙𝚘𝚝𝚎𝚛 𝚜𝚝𝚊𝚛𝚎 𝚋𝚎𝚗𝚎, 𝚖𝚊 𝚟𝚘𝚛𝚛𝚎𝚋𝚋𝚎 𝚊𝚕𝚖𝚎𝚗𝚘 𝚏𝚞𝚗𝚣𝚒𝚘𝚗𝚊𝚛𝚎.
Zaini in spalla e pronti a conoscere la Dublino dell’Ulisse di Joyce.
Si parte per un viaggio semi-serio tra le pagine di un libro enigmatico ed affascinante, che merita tutta la sua Fama
La mappa di lettura
Siamo a Dublino, nel 1904, giovedì 16 Giugno. Giorno in cui Joyce conoscerà sua moglie
Quel giorno il giornale ( Evening Telegraph ) riporta tre notizie principali di cui discuteranno i vari personaggi durante tutta la giornata; La corsa dei cavalli nella Ascot Gold Cup, l’incendio di un battello americano, la gara automobilistica ad Homburg, in Germania.
Personaggi principali: Stephen Dedalus ( Telemaco il figlio di Ulisse) 22 anni, intellettuale, insegna storia alla Dingy’s School, irlandese, poeta e terribilmente sporco. Leopold Bloom ( Ulisse ) 38 anni, pubblicitario, ebreo non praticante, materialista, massone, dall’indole mite. Marion Bloom ( Penelope ) o Molly, moglie di Leopold, cantante, adultera, ci svelerà solo all’ultimo episodio la particolarità dei suoi percorsi mentali. .
Le loro vite, come quelle di un folto ed eterogeneo gruppo di comparse, si incroceranno ed intersecheranno in questa incredibile giornata, dando vita al romanzo moderno per eccellenza.
Ogni Episodio uno stile narrativo differente, dal flusso di coscienza alla parodia giornalistica; non sempre facile, spesso ironico, ma costantemente ermetico.
Si Comincia
Prima pagina
Dove siamo? Nella Baia di Dublino, a Sandycove, nella Torre Martello, l’omphalos ( l’ombelico del mondo ).
Con chi? Stephen Dedalus con i suoi coinquilini, Buck Mulligan studente di medicina moderatamente antipatico e Haines studente inglese in visita a Dublino.
“ Si fermarono mentre Haines contemplava la torre finché disse: Piuttosto desolata d’inverno, direi. Martello la chiamate? Le ha fatte costruire Billy Pitt, disse Buck Mulligan, quando i francesi correvano il mare. Ma la nostra è l’omphalos. Qual è la sua idea di Amleto? Domandò Haines a Stephen. No, no, gridò Buck Mulligan dolorante. Non sono all’altezza di Tommaso d’Aquino e delle cinquantacinque ragioni che ha inventato per sostenerla. Aspetti che mi sia messo qualche punta in corpo.”
pag. 25 dell’ulisse di joyce – ed. oscar mondadori 1984
Una mattina a colazione
Dopo una bella colazione a base di pane, burro, miele, uova, the e latte, i tre si incamminano verso la spiaggia per un bel bagno in mare( unico ad evitare una bella nuotata purificante, è Stephen ) ed il tono dei discorsi oscilla tra l’ironico e l’intellettuale, mescolando lo stile narrativo semplice al monologo interiore.
Ho riportato questo piccolo estratto proprio perché evidenzia la vena divertita, la sottile ironia che riveste le parole di Joyce. I suoi personaggi principali vengono derisi, ridicolizzati, osteggiati dalle comparse, portandoci a studiare ogni loro mossa e pensiero.
Lungo il viaggio percorreremo le strade del loro inconscio, ci vestiremo dei loro tormenti e costruiremo loro una casa nel nostro mondo dell’immaginario per non abbandonarli più.
Il rimorso di coscienza
In questo primo incontro con il mondo immaginifico di Joyce, troviamo subito la danza della contrapposizione, la vena sarcastica e provocatoria della sua penna.
Stephen ha negato , sul letto di morte della madre, la preghiera tanto attesa …… – Angenbite of inwit – il rimorso di coscienza lo attanaglierà per sempre e lo porterà ad avere una visione sempre molto cupa e tormentata dell’avvenire.
Proprio questo rimorso di coscienza sarà la base dello scherno cosi tanto gradito a Buck Mulligan e motivo per cui tanto antipatico a noi lettori empatici….
Divertente anche lo scambio di battute che i nostri tre personaggi hanno sulle teorie di Stephen dell’Amleto di Shakespeare.
Puah! disse Buck Mulligan. Ci siamo svezzati da Wilde e dai paradossi. È semplicissimo. Dimostra con l’algebra che il nipote di Amleto è nonno di Shakespeare e che lui stesso è il fantasma di suo padre.
Il dibattito su Shakespeare non si conclude in questo episodio, ma vedrà un suo prosieguo più in là nella giornata. La poetica shakesperiana, la sua interpretazione, le analogie e le trasposizioni sono un punto focale nel flusso narrativo di Joyce e diverranno fonte di un acceso dibattito, che vedrà Stephen Dedalus come protagonista.
Il Sogno
– Ha delirato tutta la notte di una pantera nera, disse Stephen. Dov’è la fonda del suo fucile? – un miserabile pazzo, disse Mulligan. Hai avuto fifa?
pag. 7 dialogo tra Stephen e mulligan, parlando di haines
Riguardo questo sogno le supposizioni sono molteplici.
Si dice che lo stesso Joyce abbia vissuto l’episodio descritto. Fu proprio lui la vittima ( sfiorato da una pallottola ) di questo pericoloso incubo, quando condivise le stanze di Torre Martello con due suoi conoscenti.
Nabokov invece, ci sottolinea questo passaggio, mettendolo in stretto contatto con il sogno che farà Stephen Dedalus ( un orientale che gli offriva una donna ) ed anche Bloom ( che aveva fatto un sogno orientale con Molly vestita alla turca tra le gualdrappe del mercato degli schiavi ).
Qui ci addentriamo in quel fosco e fumoso territorio delle interpretazioni, tanto caro ad una parte della critica letteraria, ma che io eviterò, perchè ritengo che sia un ambito in cui solo i veri esperti la debbano fare da padroni.
Il mio piccolo, limitato ed umile intento è avvicinare l’Ulisse ai Lettori comuni, che hanno voglia di leggere questa favolosa Storia, senza lasciarsi condizionare da un’apparato scolastico intimorente.
Spero di aver seminato qualche briciola di curiosità …..
la verità è uno specchio caduto dalle mani di Dio e andato in frantumi: ogni pezzo restituisce, a chi lo tiene, una parte della verità
mistico iraniano- Rumì
Con Nafisi ci siamo trovati a respirare l’aria secca e calda di Teheran, ci siamo messe a forza un velo, per nascondere i pensieri e abbiamo urlato di rabbia e pianto d’impotenza.
Ma facciamo un passo indietro e guardiamoci intorno…
Teheran è la Capitale dell’Iran, un Paese grande cinque volte e mezza l’Italia. Al centro di tante vie carovaniere: la via della seta, la via delle spezie, la via delle pietre preziose. Vie solcate da mercanti, intellettuali, artisti, uomini di fede.
Tremila anni di storia hanno raffinato l’anima del popolo.
L’Iran è un Paese complesso, profondamente orientale, un Paese senza tempo il cui nome richiama giardini rigogliosi e solitudini desertiche, ma al tempo stesso molto più Occidentale degli Stati a lui vicini.
Ai tempi dello Scià Reza Phlavi, “monarca illuminato“, come aveva l’abitudine di presentarsi, le donne ottennero il diritto di voto, la possibilità di camminare per la strada senza velo, il diritto al divorzio…ma ogni totalitarismo ha un rovescio della medaglia…
E l’Iran nel 1979 cede il posto ad un altro tipo di totalitarismo, quello che si veste di ideologia religiosa e porta in dono un Dogma, dietro al quale trovare rifugio.
Tra le pieghe di questa Rivoluzione, troviamo loro, le Donne dell’Iran, sguardi sfuggenti nella polvere del deserto, anime forti che pretendono la luce.
Per la legge della Repubblica islamica dell’Iran, valgono la metà di un uomo.
Farian Sabahi, editorialista per il Corriere della sera, racconta l’Islam tra le pagine culturali del Sole24Ore e scrive un racconto, “Noi donne di Teheran”, molto femminile, per un Paese troppo maschile.
Farian ci parla del coraggio, dell’orgoglio, delle conquiste delle donne di Teheran e con naturale immediatezza ed ironia, ci svela il significato di ogni loro gesto.
Donne abituate a studiare (già nel 1937 erano ammesse all’università), a protestare e lottare per la loro dignità e libertà.
I problemi di tutti i giorni vanno aggirati; i bambini maschi non si possono portare in piscina, il velo deve essere indossato, lo sci si pratica solo se accompagnate da un famigliare, la mano non può stringere quella di un uomo se non è il marito, ma non importa…la pazienza darà i suoi frutti.
A questo si sono dovute abituare le figlie, le mamme, le nonne che con lo Scià potevano uscire senza velo e mettere i pantaloncini e le minigonne!
Lo spirito combattivo e tenace soffia prepotente tra i veli delle iraniane. Robabeh Marashi è una delle prime insegnanti, nel 1891 insegna alle bambine, nella sua abitazione…. vi ricorda qualcuno?
Nafisi ed un futuro che si allontana
Questo è il mondo in cui si muove Nafisi, questa la città dove ha protestato assieme a migliaia di giovani universitari, per queste strade camminano le ragazze del corso ribelle di Azar, qui ed ora ci troviamo noi lettrici coinvolte ed appassionate, del gruppo #ateheranconnafisi
In questo secondo Capitolo di Leggere Lolita a Teheran, l’Autrice ci catapulta, facendoci trattenere il respiro, negli anni Settanta, quando tutto il mondo da lei conosciuto, decise di sgretolarsi fra le dita.
Ci aspettavamo il salotto delle libertà e dei colori, invece ci troviamo in quegli anni ..in cui ci sentivamo tutti rivoluzionari – studenti iraniani, come quelli americani ed europei.
Negli Stati Uniti i nostri «Morte a questo» o «Morte a quello» erano simbolici, quasi astratti, e li ripetevamo con tanta più virulenza quanto più sapevamo che tali sarebbero rimasti. Nella Teheran del 1979, invece, quegli stessi slogan si trasformavano in realtà con macabra, spietata precisione.
azar nafisi
La Rivoluzione Islamica ha cominciato a demolire le fondamenta di un popolo antico e sapiente, ma assolutamente impreparato alla cecità di un Regime totalitario religioso.
Accenni di una Storia mai conclusa da un Articolo di Internazionale del 13 Febbraio 2019
Nei mesi successivi alla rivoluzione, Khomeini e i suoi sostenitori più agguerriti, soprannominati “barbuti”, presero decisioni che spinsero il paese su una strada terribile. Oggi l’Iran è meno religioso di quanto i mullah vorrebbero, meno prospero di quanto dovrebbe e meno collegato al mondo della maggior parte dei paesi.
La popolazione ha perso da tempo il suo zelo rivoluzionario. Si calcola che più di 150mila iraniani istruiti lascino il paese ogni anno, una delle fughe di cervelli più consistente di tutto il mondo. I giovani iraniani frequentano le moschee meno assiduamente di quanto facessero i loro genitori. “Le persone ridono delle assurdità che gli dicono i mullah”, spiega Darioush Bayandor, un ex diplomatico iraniano.
Eppure il regime si comporta come se la rivoluzione ci fosse stata ieri. L’apparato giudiziario ha di recente proibito le passeggiate in pubblico con i propri cani (l’islam considera i cani impuri). Questo mese Khamenei si è scagliato contro le donne che non indossano il loro hijab. “Questo sintetizza l’essenza del governo islamico in Iran: dei religiosi settantenni dogmatici che impongono la loro visione obsoleta delle cose a una società giovane e diversificata”, scrive Karim Sadjadpour.https://www.internazionale.it/notizie/2019/02/13/iran-quarant-anni-rivoluzione
Unica arma di difesa è la Saggezza, derivata dall’Arte in tutte le sue forme. La Letteratura della Professoressa Nafisi è tagliente come una spada e lei combatterà fino all’ultima pagina.
Solo attraverso la Letteratura ci si può mettere nei panni di qualcun altro, comprenderlo negli aspetti più reconditi e contraddittorii del suo carattere ed evitare così di emettere condanne troppo severe.Al di fuori della sfera letteraria, di ogni persona si riesce a cogliere soltanto la superficie. Ma se si arriva a capire davvero qualcuno, a conoscerlo, non è facile mandarlo al patibolo…Se avessimo imparato questa lezione, oggi le cose da noi andrebbero molto meglio
leggere Lolita a teheran
Contro la Censura strisciante e minacciosa, che chiude le librerie ed incendia le sale cinematografiche, Nafisi, donna istruita e occidentalizzata, difende la libertà di pensiero mettendo il libro di F.S.Fitzgerald “Il Grande Gatsby”, sul banco degli imputati.
L’Accusa
Gatsby incarna il materialismo estremo, mette a nudo l’immoralità e la decadenza della società americana! Sfasciafamiglie! Peccatore menzognero e traditore. Al Bando!
La Difesa
…La libertà di stile dell’autore è quasi garanzia della sua purezza morale. … Può dirsi morale tuttavia, quando ci scuote dal nostro torpore e ci costringe ad affrontare i valori assoluti in cui diciamo di credere…Gatsby ha colpito nel segno.
Questo, libro condanna le classi più abbienti, come uno qualsiasi dei libri rivoluzionari. Il Sogno che incarnano è un sogno svilito, che distrugge chiunque tenti di avvicinarsi.
L’Imputato
Il Grande Gatsby è uno splendido romanzo che ci insegna ad inseguire i nostri sogni, ma anche a diffidarne, è Democratico, nel senso che riesce a dare voce a tutti i personaggi ed a mostrarci la complessità degli individui. È un Sognatore tragico che crede in un’llusione romantica.
Le nostre impressioni….tra rabbia ed impotenza
Io ripenso a me stessa all’università e alla gioia infinita che ho provato nello studiare. Questa gioia Fede la trasmette con parole piene d’emozione.
Non riesco davvero a capacitarmi di come si possono arrivare a censurare i romanzi perché considerati scandalosi se parlano di una realtà diversa dalla propria. Come se il semplice fatto di non leggere, non dire, non conoscere certe cose salvi l’anima e se invece si conoscono si è dannati a vita.
Interessante e riflessivo il punto di vista di Vittoria.
Il tema dei desideri torna, più forte in questo capitolo. Era già stato accennato nel capitolo su Lolita, avevo già avuto l’impressione che molto di questo libro ruotasse intorno a questo desiderio di rivoluzione andato in frantumi, l’idea di dover essere cauti con quel che si desidera perché coinvolge necessariamente anche gli altri e i loro desideri; nel primo capitolo si chiedeva se sarebbe riuscita a distinguere quel che voleva da ciò che è giusto e la risposta forse è negativa: quel desiderio di rivoluzione per cui era scesa in piazza non era più giusto del desiderio di Gatsby di riportare a sé Daisy, riportare indietro il tempo per ricominciare daccapo perché coinvolgeva inevitabilmente altre persone e i loro desideri.
Quel che più mi turba è come tutte le religioni siano usate come strumento che dà diritto a far tutto ciò che si vuole. Se è in nome di Dio allora è sicuramente giusto. Purtroppo lo sconcerto di Alessia si può constatare aprendo i giornali…
… Sono continue stilettate al cuore. Lei amava Teheran, non vedeva l’ora di tornarci, invece il suo sogno (di rivivere il passato) si sgretola come quello di Gatsby. Ma al tempo stesso l’amore profondo per la Letteratura ci porta oltre tutto questo schifo e ci dona poesia, e ancora una volta, ritrasmette l’amore. Adoro Azar. Valentina
L’idea di combattere per un ideale e realizzare tardi che quel ideale si è trasformato in un incubo mi ha fatto riflettere parecchio anche alla luce di tanti fatti odierni. Mi sconvolge il pensiero che le migliori intenzioni possano poi trasformarsi così. “Che dobbiamo farne di tutti i cadaveri di cui siamo responsabili? ” Straziante la considerazione finale di Azir. La chiosa finale di Monica, commovente e significativa.
Difficile, sconvolgente e travolgente… quello che abbiamo letto non è solo un Capitolo su un libro stampato, non sono voli pindarici su fogli di carta, ma è un Cammino che noi Lettrici, assieme a Nafisi, stiamo affrontando; per capovolgere le nostre certezze ed imparare dai Sogni disattesi.
Il viaggio continua con Nafisi, Henry James ed il gruppo #ateheranconnafisi